«*Una veemente requisitoria contro i molti governatori folli del pianeta.*»
**Corrado Augias, il Venerdì di Repubblica su Guida all’impero per la gente comune**
«*Nelle mani di Arundhati le parole diventano armi, le armi dei movimenti di massa.*»
**Naomi Klein**
«*La polemica di Arundhati Roy è importante e necessaria… dobbiamo esserle grati per il suo coraggio e il suo talento.*»
**Salman Rushdie**
«’Sta scrivendo un altro libro?’ mi chiedono tutti i giornalisti che incontro. Trovo irritante questa domanda. Un altro libro. Proprio ora, quando è totale il disprezzo che la propaganda di guerra mostra per l’arte, la letteratura e tutto ciò che definisce la civiltà. Che libro dovrei scrivere?»
In realtà, dopo il successo internazionale del Dio delle piccole cose, Arundhati Roy ha continuato a scrivere. Ma lo ha fatto inseguendo la passione politica, quella che la porta a prendere coraggiosamente posizione sulle questioni più controverse. Ne è testimonianza questa raccolta di saggi, in cui la scrittrice indiana si interroga sul senso delle strategie dei poteri politici ed economici, locali o globali, e denuncia la retorica nazionalista, religiosa e bellicista che sta devastando intere società e singole coscienze e insidiando non solo le democrazie del Terzo Mondo – tra cui l’India, il suo paese – ma anche quelle dell’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti. E, che parli dell’11 settembre, della guerra all’Iraq e della possibilità di contrastare l’«impero» – i temi principali attorno ai quali ruota tutta la prima parte del libro – o, come nella seconda parte, dello sciopero della fame per la valle del Narmada e del conflitto politico-religioso del Gujarat, anticipa brani di una storiografia diversa da quella ufficiale, al cui centro sono le donne e gli uomini, i loro sentimenti e le loro culture, i loro bisogni e le loro speranze.
«*Gli scrittori di successo si accontentano del successo e cercano casomai di ripeterlo. Arundhati Roy si è servita del successo per farsi avanti come attivista dentro tante battaglie politiche ed ecologiche che riguardano il suo Paese e non solo…*»
**Goffredo Fofi, Il Sole 24 Ore**
«*Arundhati Roy oppone al terrore, a ogni terrore, la forza del sogno.*»
**La Stampa**
«*I suoi saggi sono la prova del suo talento come scrittrice e del suo coraggio di cittadina. Con la sua presenza e i suoi testi lotta contro un mondo che sceglie la guerra come strumento di governo e sceglie investimenti che in India come altrove distruggono l’ambiente e le economie locali.*»
**il Manifesto**
«*L’autrice è una donna che mette tutta se stessa nei suoi ideali. Con passione e rabbia.*»
**Chicca Gagliardo, Glamour**
**
### Sinossi
«*Una veemente requisitoria contro i molti governatori folli del pianeta.*»
**Corrado Augias, il Venerdì di Repubblica su Guida all’impero per la gente comune**
«*Nelle mani di Arundhati le parole diventano armi, le armi dei movimenti di massa.*»
**Naomi Klein**
«*La polemica di Arundhati Roy è importante e necessaria… dobbiamo esserle grati per il suo coraggio e il suo talento.*»
**Salman Rushdie**
«’Sta scrivendo un altro libro?’ mi chiedono tutti i giornalisti che incontro. Trovo irritante questa domanda. Un altro libro. Proprio ora, quando è totale il disprezzo che la propaganda di guerra mostra per l’arte, la letteratura e tutto ciò che definisce la civiltà. Che libro dovrei scrivere?»
In realtà, dopo il successo internazionale del Dio delle piccole cose, Arundhati Roy ha continuato a scrivere. Ma lo ha fatto inseguendo la passione politica, quella che la porta a prendere coraggiosamente posizione sulle questioni più controverse. Ne è testimonianza questa raccolta di saggi, in cui la scrittrice indiana si interroga sul senso delle strategie dei poteri politici ed economici, locali o globali, e denuncia la retorica nazionalista, religiosa e bellicista che sta devastando intere società e singole coscienze e insidiando non solo le democrazie del Terzo Mondo – tra cui l’India, il suo paese – ma anche quelle dell’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti. E, che parli dell’11 settembre, della guerra all’Iraq e della possibilità di contrastare l’«impero» – i temi principali attorno ai quali ruota tutta la prima parte del libro – o, come nella seconda parte, dello sciopero della fame per la valle del Narmada e del conflitto politico-religioso del Gujarat, anticipa brani di una storiografia diversa da quella ufficiale, al cui centro sono le donne e gli uomini, i loro sentimenti e le loro culture, i loro bisogni e le loro speranze.
«*Gli scrittori di successo si accontentano del successo e cercano casomai di ripeterlo. Arundhati Roy si è servita del successo per farsi avanti come attivista dentro tante battaglie politiche ed ecologiche che riguardano il suo Paese e non solo…*»
**Goffredo Fofi, Il Sole 24 Ore**
«*Arundhati Roy oppone al terrore, a ogni terrore, la forza del sogno.*»
**La Stampa**
«*I suoi saggi sono la prova del suo talento come scrittrice e del suo coraggio di cittadina. Con la sua presenza e i suoi testi lotta contro un mondo che sceglie la guerra come strumento di governo e sceglie investimenti che in India come altrove distruggono l’ambiente e le economie locali.*»
**il Manifesto**
«*L’autrice è una donna che mette tutta se stessa nei suoi ideali. Con passione e rabbia.*»
**Chicca Gagliardo, Glamour**