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La storia di Arianna, Teseo e Minosse, del labirinto e del minotauro, il suo unico abitante, è nota a tutti, ma nella versione di Dürrenmatt la prospettiva cambia radicalmente.
Luogo dell’azione, un labirinto di specchi che riflette immagini all’infinito.
Protagonista il minotauro, metà uomo e metà toro, sempre al limite della conoscenza, delle sensazioni di passione, gioia, infelicità, paura e tormento, mentre per natura non può provare sensazioni; sempre sulla soglia delle emozioni che proverebbe, se solo sapesse cosa vuol dire provare emozioni.
Un gioco di rimandi tra l’essere e la sua ombra, il corpo e le sue migliaia di copie riflesse, che riproduce l’illusorietà di qualsiasi tentativo di fuga.
Un racconto che corre rapido verso un epilogo drammatico… con i lettori schierati al fianco del presunto mostro.
“Si mosse verso la parete di vetro più vicina, un’immagine gli si mosse a sua volta incontro mentre altre immagini si allontanavano. Toccò la sua immagine con la destra, toccò la sinistra della sua immagine che risultò liscia e fredda al tatto, e davanti a lui le altre immagini si toccarono in immagini d’immagini…”
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